E’ un pò di tempo che mi frullano in testa pensieri maligni sul mondo del lavoro, praticamente dalla prima esperienza lavorativa :-(
A scanso di equivoci vorrei ribadire di essere una precaria a tutti gli effetti, il 20 di settembre è in scadenza il mio contratto di 6 mesi.
Del domani non v’è certezza.
Leggo storie, vedo gente, faccio cose, precarie e mi sento parte di questo simpatico e quanto mai variegato popolo. Poi però ogni tanto mi arrabbio e sputo veleno come un lama, per colpa di chi?
- i giovani che prima erano precari, e adesso ce l’hanno fatta, che si dimenticano troppo in fretta cosa sono stati e giudicano chi dal precariato non si è ancora evoluto;
- i vecchi che dicono che il lavoro c’è ma i giovani non vogliono lavorare il sabatoeladomenica;
- i genitori che ci hanno detto di studiare che era meglio, ma se imparavamo un mestiere forse era più meglio?!
- i nani malefici incravattati o nane malefiche intajerate che nel dubbio sparano sulla croce rossa, battezzando i giovani con qualche nome a caso, purché offensivo (vedi bamboccioni, sfigati, mammoni, etc) salvo poi scusarsi spiegando che ci sono bellissime eccezioni;
- i precari con la puzza sotto il naso.
Vediamo se riesco a farmi capire, perché io cucino e non scrivo.
Cari precari con la puzza sotto il naso,
vantate laurea, doppia laurea, masters, dottorati e vi lamentate di non trovare un lavoro, un impiego adeguato alle vostre competenze e capacità, ai vostri sudatissimi titoli di studio, io vi capisco e sono con voi,
però, poi
criticate l’università italiana e la sua credibilità, io vi capisco e sono con voi.
Sarebbe però opportuno che riflettessimo tutti sul fatto che non si possono usare 2 pesi – 2 misure, se le vostre competenze provengono da università scadenti, anche i vostri titoli, che tanto vantate, hanno un valore, possiamo dirlo discutibile.
Mettiamoci una mano sul cuore, il momento è difficile per tutti e rifugiarsi dietro il pezzo di carta non è educato e non fa onore a nessuno.
Queste parole per spiegare faticosamente che studiare è sacrificio, che andrebbe premiato, trovare un lavoro adeguato dovrebbe essere un diritto e non la ricerca dell’impossibile, ma anche chi non è studiato ha fatto sacrifici andrebbe premiato, magari non soltanto in nome di un titolo ma del valore della persona.
Adesso arrivo alla commessa.
Sono stata in passato e sono tutt’ora una commessa, attualmente di un negozio di abbigliamento per bambini, più precisamente mi occupo del magazzino.
Non è facile per me scriverlo e quando qualcuno mi chiede cosa faccio di bello nella vita vorrei sprofondare nella bocca dell’inferno e inizio a farfugliare scuse assurde, tipo il cane mi ha mangiato il curriculum, il momento è difficile, vicissitudini personali, bla, bla, bla.
Sto imparando a non vergognarmi di me stessa, perchè mia mamma mi ha spiegato che qualsiasi lavoro fatto in modo onesto è dignitoso e merita rispetto.
Ricordatevi, cari precari e non con la puzza sotto il naso che anche per noi commesse c’è un sogno infranto, una scelta difficile, una persona che pensa di poter fare qualcosa di diverso nella vita, una futura attrice o presidente del consiglio.
La commessa non è un’oca giuliva che non ha studiato e che poverina nella vita poteva fare solo quello, nei suoi sogni di bambina non c’era una divisa glitterata con il nome di una grande azienda stampato a lettere cubitali sulle spalle.
Anche a noi povere stolte fanno firmare contratti improponibili e se non ve ne siete accorti lavoriamo sempre, è sempre tutto aperto, siamo sorridenti per contratto e siamo sostituibili anche con un cartonato.
Avete mai fatto un colloquio di lavoro per un negozio? E’ un’esperienza mistica – umiliante, un’incrocio tra la selezione di Miss Italia e un colloquio per un posto di capo del mondo.
Quindi non sentitevi superiori nascondendovi dietro un titolo di studio, se lottate contro il precariato ricordatevi anche di parlare di noi, professioniste-i allo sbaraglio, perchè se mai un giorno la crisi si risolverà, noi rimarremo delle cretine con una licenza media o un diploma di scuola superiore e saremo sempre in crisi.
E più di ogni altra cosa, quando entrate in un negozio, abbiate rispetto, dietro quella figura c’è una donna, una femmina, una mamma, un’oca, un’amica, una sorella,un genio, un’amante, una stronza e nella vita, siatene certi avrete bisogno di una di loro almeno una volta
Cucina precaria, per me Anna, è un modo concreto per ricordarmi sempre che io non sono il mio lavoro, che il mio lavoro per il momento non mi rappresenta completamente, che devo mantenermi viva e non dimenticare chi sono.
da “il mondo come lo vedo io” Albert Einstein.
«È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla».
A scanso di equivoci:
non parlo a nome di nessuno e di nessuna categoria,
se sembro un pò incazzata mi dispiace, ma effettivamente un pò lo sono,
tutto questo pippone per dire che il precario non è necessariamente laureato,
ho incontrato molte colleghe commesse che amano il proprio lavoro, vorrebbero solo essere tutelate e considerate,
sono davvero ancora colma di speranza per il futuro, il mio e quello di tutti :-)
Amicheprecarie says
Bello! Assolutamente MAI vergognarsi del proprio lavoro, la tua mamma ha più che ragione!
Si dovrebbero vergognare solo coloro che fanno selezioni ridicole credendosi chissàchi solo per essere dietro ad una scrivania, quello sì!
un caro e solidale saluto da noi tre!
Anna Buganè says
teniamo duro ragazze, io me lo ripeto come un mantra mentre vado al lavoro…non vergognarti, non vergognarti…il più delle volte funziona, se non basta mi mangio un ghiacciolo :-)
valeria says
Ehi ma ci sono anche i geni precari…..sappilo. Io intanto pubblicherei un bel curriculum nel prossimo post a scanso di equivooci! ;-) Comunque l’outing serve sempre a far conoscere qualcosa di te, tipo che se uno ha un lavoro papabile te lo propone!!!! Brava.
Anna Buganè says
i geni sono precari per natura…è stata una faticaccia raccogliere questi 4 pensieri ma oggi sono stata meglio…momenti catartici…
tu dici di mettere il curriculum? non fa cafone? :-)
lotho82 says
io non posso che citare il tuo post con tanto di link di rimando sul mio blog e di condividere questo splendido post sulla mia pagina Facebook. Finalmente esiste qualcuno che la pensa ed ha anche saputo esternalizzare tutto il vulcano di argomentazioni che ho riguardo “il precariato”. Bravissima.
Anna Buganè says
grazie davvero, era un pò che volevo mettere nero su bianco un pò di pensieri che mi frullano per la testa e per lo stomaco.
Avevo voglia di condividere il mio punto di vista e di trovare anche io un pò di sostegno da chi la pensa come me e vive esperienze lavorative e di vita simili!
daje tutta!
Anto says
…il cane mi ha mangiato il curriculum…ehehehehehe :-D
cmq a parte tutto ode al tuo post!
hai proprio ragione, la chiave di tutto sta proprio nello svincolarsi da quell’idea convenzionale che ci porta ad identificarci nel nostro lavoro…in fondo siamo ciò che decidiamo di essere, basta solo trovare la propria definizione di sè fuori dall’equazione “chi sei=che lavoro fai”…
tu sei Cucina Precaria, con questo sì che ti rappresenta!
Anna Buganè says
anto,
sei fonte continua di ispirazione per me oltre che naturalmente amica fidata e compagna di precariato.
svincoliamoci dall’io sono il mio lavoro … ma non smettiamo di cercare una realizzazione in quello che facciamo!
abbracci tutt’altro che precari a te!
Cucinamando says
Ho letto il tuo post in pausa pranzo e devo dire che mi sono fatta il rientro in ufficio con un altro spirito….
Non sono una precaria, ma rientro tra le persone non soddisfatte del proprio lavoro, anzi che fanno un lavoro che gli sta proprio stretto…. Anche se faccio di tutto per non identificarmi nel mio ruolo lavorativo, non sempre ci riesco…..
Condivido quello che hai scritto sul dimostrare più rispetto per le commesse e altri tipi di lavoro sottovalutati, non c’è niente di più fastidioso di qualche cafone che pretende di essere compiaciuto servito e riverito solo perchè è un cliente….
Il tuo blog mi piace molto, di questo dovresti essere molto soddisfatta…. Ci lasci sempre dei post molto interessati e che fanno riflettere…
A presto
Anna Buganè says
che poi alla fine, anche le persone che sono impiegate in un’impiego di ri-piego sono precarie cmq a prescindere dal contratto…
ti ringrazio molto, non sentirsi soli nelle proprie preoccupazioni è sano e oserei dire terapeutico per me poterle scrivere.
mettere nero su bianco una parte di se, aiuta a fare il punto della situazione, essendo più consapevoli la strada diventa più facile :-)
grazie ancora.
Margherita says
Tua mamma è una saggia, ma capisco anche te. Voler fare qualcosa nella vita e non riuscirci è frustrante. Io credo molto nel “volere è potere”, vedrai, sarà solo questione di tempo!
Un abbraccio da un’altra precaria!
p.s. E’ vero, i colloqui da commessa sono allucinanti! A me avevano detto guardando la foto: “mmm, ma non è recente, eri più magra, eh?” O__o
Anna Buganè says
volere è potere…anche io ci credo e il tempo e la perseveranza aiutano.
sì, i colloqui sono allucinanti e continuano a chiedere 3 aggettivi per descriverti, i miei sono:
sono solare, precisa e collaborativa
negativi
troopo precisa, troppo buona, troppo determinata
sono furba?
risposte idiote a domande inutili!
un abbraccio precario a te!
sara says
bravissima!!!! finalmente sono riuscita a leggere questo post.
conoscendo “tua” mamam so che sarebbe orgogliosa di te, di come lotti, di come ti arrabbi, ti reinventi, dei momenti di abbattimento e delle vittorie. Ogni giorno sei più grande, più saggia, ma continui ad essere la bimba che prima voleva fare la suora, poi voleva viaggiare per il mondo! tutte queste cose convivono in te egreggiamente, e con queto blog (che è anche di cucina) dai voce a chi come te, e anche me, ha dentro uno tsunami.
Sono anche io una precaria, privilegiata, e diversa da te, lo sai bene. Ma leggere questo post è confortante e fa sentire meno soli.
brava sorellina, sei sempre meglio!
Anna Buganè says
grazie sara, come mi manchi vicino a mme!
nans says
Bellissimo post!! condivido in pieno..
io pur essendo laureata, mi sento invece spesso giudicata dai laureati di “serie A” gente che ha fatto scelte particolari, artistiche, o difficili… si sentono superiori di chi ha scelto percorsi meno fighi ma magari più redditizi o economici.. come se loro fossero particolari e gli altri dei noiosi signor qualunque…
ma ci sono delle ragioni dietro le scelte, magari avendo una famiglia disposta a mantenermi per decenni avrei fatto anche io un altro tipo di scelta… cmq le persone più interessanti che conosco fanno lavori normalissimi.. alla fine non è quello che determina la persona!
Anna Buganè says
cara,
il mondo è purtroppo pieno di persone che inspiegabilmente si sentono meglio di altre (misteri) ed è oltremodo pieno il mondo di persone che valutano se stesse e le altre in base al lavoro che fanno.
le ragioni dietro le scelte rimangono per l’appunto dietro ed è difficile spiegarsi.
io cerco di sentirmi il più felice possibile, e i giorni in cui io o altri mi fanno sentire più in basso cucino!
un abbraccio a te!