Venerdì, dalla parrucchiera, chiacchiere sotto il casco che tanto non ci sente nessuno.
La morte è un ottimo argomento di conversazione, dalla parrucchiera si parla di tutto, anche di morte e lo si fa senza paura, perchè è l’unica certezza che abbiamo.
L’altro giorno è morta Moira Orfei.
L’altro giorno sono successe anche tante altre così, la settimana non è stata allegra, si è insinuato un germe di tristezza, cerco di non dargli da bere, di rimuoverlo, ma sta proprio tra il cuore e la gola e quando una cosa si mette proprio li al centro è difficile estirparla.
A dicembre Moira avrebbe compiuto 84 anni, invece è morta, nella sua casa mobile, circondata dall’affetto della sua famiglia. Deve essersene andata nella leggerezza, chissà perchè me la immagino sorridente anche nella morte.
Mi piace pensare a lei, una maschera di trucco, di eccessi dipinti sul suo viso, le unghie lunghissime, quella bocca enorme, esagerata, il neo e mi piace ancora di più pensare a chi come lei dietro gli abiti di scena cela semplicità e garbo.
Prima di essere Moira Orfei fu Miranda, una bambina nata nel circo, ha girato più di 30 film e fatto girare la testa a molti uomini.
Si è innamorata una volta ed è stata sempre fedele al suo grande amore, ha messo al mondo dei figli e ha continuato a vivere nella sua casa mobile, non allontanandosi mai dal circo.
Il giorno del suo funerale è arrivata su una carrozza nera, trainata da cavalli bianchi, secondo la sua volontà. C’era la banda a suonare musiche circensi e sulla bara un peluche, una tigre bianca. Non una tigre vera, un peluche!
Ho pensato che anche a me piacerebbe morire così, circondata dalla mia vita e ho pensato che anche a me piacerebbe vivere così, circondata dalla mia essenza.
La vita non è poi una cosa molto complicata, sembra che il trucco alla fine sia amare molto, amare più che possiamo, amare ciò che facciamo e le persone che ci circondano.
Credo che Moira abbia amato molto, perchè una tigre di peluche sulla sua bara mi sembra un’immagine coerente e vera, perchè arrivare con una carrozza ottocentesca al proprio funerale non è un’esigenza scenica ma un sentimento d’amore verso la propria vita.
Ogni tanto capita anche a me di pensare al mio funerale, che non vorrei fosse in chiesa, e me lo immagino come una festa grande, un buffet enorme, vorrei che si mangiasse per giorni e che nel luogo che accoglierà le mie spoglie, vorrei trovare un tagliatortellini, giusto per ricordare sempre chi sono stata.
A volte è più facile rifugiarsi nella morte che è l’unica cosa certa della vita, e fantasticare sulla fine della nostra vita.
Io ogni tanto lo faccio, soprattutto quando devo capire che direzione prendere, faccio uno sforzo di immaginazione e mi proietto alla fine, giusto per capire cosa fare nel percorso per arrivare serena al giorno della dipartita.
La morte è una buona compagna, è bene pensare a lei, ogni tanto, a me fa tanto ridere.
Morire come Moira è un lusso che non è concesso a tutti, vivere come lei dovrebbe essere un diritto e un dovere da perseguire, fino alla fine.
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