Grazie ai ricordi di Facebook ho potuto constatare che un anno fa ad oggi, mi scattavo una foto con occhiaie profondissime, avvolta in un sonno devastante e da una certa dose di pessimismo cosmico riguardante il mio futuro di madre e donna giovane e disoccupata. Insomma non esattamente il top del sogno, come direbbe Flavio, imprenditore di successo, come me.
Questa mattina invece mi sono svegliata, con le occhiaie che nonostante le ore di sonno in aumento si sono ormai incastonate sulla mia faccia, e con un’emozione frizzantina mista a terrore, misto a panico, misto a gioia, tra qualche ora infatti, insieme ad altre donne, racconterò la mia storia di donna, lavoratrice e mamma.
Condivisione.
Questa è la parola chiave che mi ha guidato nei quasi 4 anni di vita di Cucina Precaria, un’avventura nata grazie alla voglia di dare voce ad una passione sfrenata per la cucina, un bisogno di dire a quante più persone possibile che dentro di me c’era qualcosa che non veniva rappresentato dai ruoli lavorativi fino a quel momento interpretati, che avevo un progetto nella mia testa che non sapevo come raccontare, neanche a me stessa che ho messo in piedi, riga dopo riga, foto dopo foto.
Dopo questi 4 anni la cosa più bella di Cucina precaria continua ad essere la condivisione, attraverso le ricette riesco a mettere a fuoco tante cose di me e del mondo che mi circonda e quando clicco il tasto pubblica spero sempre che da qualche altra parte della rete ci sia qualcuno che riesca a ritrovare un pezzetto di se stesso e della sua storia in una parola, in un sapore, in un’idea. Ho sempre trovato qualcuno, oltre lo schermo, ho sempre trovato almeno una persona con la quale mischiare la mia storia.
Se Cucina Precaria è diventato un progetto, al di là del blog, è grazie alla piccola comunità che si è creata intorno a me e a questo zoppicante spazio virtuale, ed è grazie a me che senza nessun particolare talento ho avuto il coraggio di scrivere con una certa costanza chi sono e dove voglio andare, senza paura di mostrare tutte le imperfezioni ( non proprio tutte), allora piano piano sono iniziati i primi commenti, i primi messaggi, qualche intervista, qualche esperienza lavorativa e soprattutto uno scambio continuo con persone reali che con grazia si sono incastonate nella definizione di me stessa.
Cucina precaria è a tutti gli effetti un progetto che ha preso vita, che è andato fuori, oltre la rete ed ambisce a diventare una cucina errante, un luogo fisico dove concentrare i sapori e le emozioni di questo blog, se non avessi cominciato a pubblicare la prima ricetta, la vellutata di patate, se non avessi condiviso questa passione non mi sarei mai accorta di un pezzo di me.
Condivisione.
La mia parola guida per affrontare la maternità.
Per me è stata durissima, e l’ho detto dal primo giorno in cui ho scoperto che sarei diventata mamma, la maternità per me è stato un frontale con un tir e se non avessi allungato la mano per dire che un tir mi era appena passato sopra non avrei mai trovato tante mani pronte a tirarmi su.
Ancora una volta non ho voluto affrontare un nuovo pezzo di me da sola, mi son rivolta all’esterno per buttare fuori qualcosa di me che non sapevo come gestire. Io avevo paura delle mamme, anche adesso, ma ne ho trovate di meravigliose e senza il loro sostegno sarei stata persa tra i dubbi e le paure legate ad un periodo meraviglioso e spaventoso alla stesso tempo.
Da quando sono nata non mi sono mai riconosciuta un talento particolare, scrivo ma non benissimo, fotografo ma non benissimo, cucino ma non sono una chef, sono bella ma non strafiga, credo di non avere un colore preferito e a parte le Spice Girls neanche un gruppo musicale preferito, ma qualcuno ha chiesto che raccontassi la mia storia ad altre donne per dare un messaggio, per dire che ce la si fa, che anche se si è disoccupate, madri e senza un evidente talento la vita può essere comunque meravigliosa e piena di sorprese.
Vorrei evitare questa sera l’effetto Pollyanna, non sono mai stata felice nonostante tutto e la vita è dura e non sempre si ha la forza di aprirsi all’altro e non sempre si trova quell’altro con cui aprirsi, ma quando succede il cuore si scalda e si riesce ad affrontare il passo successivo, ad ogni passo ci si avvicina un pochino di più a se stessi, anche quando sembra di andare lontanissimo.
I ringraziamenti nei discorsi fanno sempre tenerezza e io voglio sembrare tenerissima questa sera, quindi ringrazio prima di tutto me stessa per aver avuto la forza di pubblicare una foto con una vellutata di patate che mi sta portando lontano e ringrazio chiunque nel mio percorso mi abbia aiutata a fare un passo.
Ringrazio le donne, che amo sopra ogni cosa, perchè sono la forza del mondo e quando stanno insieme, anche solo per fare i plin assomigliano all’eternità.
Avevo bisogno di un’eroe, è quello che sto cercando di diventare. Sii la tua eroina!
Ci vediamo questa sera ad Alba, in sala Beppe Fenoglio alle 18, se non potrai esserci ci vediamo qui, da cucina precaria.
Cinzia says
Sei strafiga, altroché.
Maria Ausilia says
Grande la mía Anna! Stasera li “stenderai” tutti!?
Nadia says
Cara Anna, tu hai un grande talento: la grazia particolare con cui guardi e racconti il mondo. Ti abbraccio.