Non riesco a scrivere niente.
Quando ho pensato a questa piccola rubrica “Precari si nasce” mi è venuta in mente lei e la volevo da subito su cucinaprecaria.
Poi mi sembrava troppo, poi ho anche capito che alcune cose si ottengono solo se vengono chieste, così ho chiesto a Camilla un regalo, il racconto della sua avventura, del suo primo libro “Farfalle in un lazzaretto”.
Non riesco ad aggiungere altro, grazie Camilla per queste parole, per la bellezza che condividi quotidianamente.
Cari precari, fatevi un regalo e prendetevi il tempo per leggere questa intervista, sperando che anche questa storia vi sia di ispirazione e se volete un piccolo balsamo per l’anima ogni giorno seguite zeldawasawriter, sempre.
Farfalle in un lazzaretto è una tua creatura, qualcosa che è nato da te, che ha toccato la superficie, un sogno che ha aperto un cassetto…facciamo finta che scrivere un libro sia semplice, ma poi come lo si fa arrivare nelle case altrui?
Buongiorno Anna, innanzitutto permettimi di ringraziarti per questo invito nella tua splendida casetta virtuale!
Nel corso degli ultimi anni l’idea di un sito tutto dedicato alle mie folgorazioni sulla via di Damasco mi abitava i pensieri con una certa insistenza. Ipotizzavo una sorta di contenitore che non mettesse semplicemente in mostra i risultati ottenuti, ma che s’interessasse del percorso, chiamando a raccolta altri vissuti, altre passioni.
Zelda was a writer, il mio blog, è nato con questa intenzione e poi mi è leggermente sfuggito di mano, diventando un avamposto di quotidianità e condivisione.
Nella confusione degli intenti – cosa che mi caratterizza da sempre – si è salvato il primo motivo scatenante: creare attorno alla mia scrittura un pubblico, che l’apprezzasse e, perché no, la ricercasse.
Questo lungo preambolo per dirti che oggi le possibilità di “arrivare nelle case altrui” sono aumentate a dismisura: il mare magnum di internet offre infinite occasioni di espressione di sé e fantasiose trame creative, nonostante la spietata logica dei grandi numeri e le distanze transoceaniche che li caratterizzano.
Per contro, chiunque voglia ambire ad un’accoglienza per così dire calorosa, deve rimboccarsi le maniche e avere un’idea, veicolare qualcosa di interessante e di personale, con grandissima determinazione.
Questo chiunque, insomma, dovrebbe impegnarsi a stringere con convinzione moltissime mani, ancora prima di fare il piedino a vertiginose stime di visualizzazione e successo.
Il tuo libro è disponibile in formato e-book ma anche cartaceo, in 100 copie che sono state vendute in poche ore, come farai a stampare le altre 100 o forse 1000 o infinite copie?
Ho stampato il libro da uno storico stampatore milanese grazie alla vendita dei miei preziosi Cahiers du Bonheur, colorati taccuini che vendo online per finanziare qualche sogno e per comprare libri nuovi. Mi piace la logica di auto-alimentazione delle risorse che questo circolo vizioso è in grado di creare!
Come potrai immaginare, l’esigua richiesta di copie da stampare significa un aumento cospicuo del loro prezzo e questo fatto ha rallentato notevolmente l’intera impresa.
Ho intenzione di continuare a stampare nuove copie – anche vista la inaspettata e costante domanda – ma devo avere il tempo necessario per capire quale sia la scelta migliore (questo a dirti che mi fermerò per qualche tempo, giusto per sistemare due pensieri e fare qualche bagno di sole).
In ogni caso, la mia attività non si ferma, procede solo con giri più lenti rispetto agli attuali mezzi di diffusione.
Questa è una domanda difficile, io so che scrivi e racconti attraverso le immagini in un blog, ma poi che lavoro fai?
Non è difficile: io sono magicamente legata alle parole. Lo sono da sempre.
Ogni volta che qualcosa è andato storto (e ti assicuro: è capitato più volte!), le parole sono arrivate in mio soccorso.
Si tratta di una stranissima congiuntura astrale o di una semplice e fortunata sequenza di incastri, un meccanismo che mi sembra così perfetto da poco, da quando il tempo che passa mi ha regalato una prima e importante panoramica dei miei tentativi, dei miei scorni professionali.
Scrivo, dunque. Lo faccio per moltissime realtà: attività da ufficio stampa, creazione di contenuti per varie realtà editoriali (spesso legate al mondo bambino), progetti di comunicazione e promozione ad ampio raggio.
Mi piace pensare di scrivere quello che le persone vorrebbero dire al meglio, m’immedesimo nel loro bisogno di comunicazione e guado lo straordinario flusso di speranza che lo caratterizza.
Ti senti straordinariamente precaria?
Credo di poterti rispondere che mi sento straordinariamente immersa nella continua metamorfosi che questi giorni mi stanno regalando. Che sia una perifrasi?!
Certo, non ho mai conosciuto la sicurezza di un posto fisso ma il mio lavoro mi ha sempre condotto in contesti diversi, permettendomi di non sentire mai la noia e di imparare moltissime cose.
A volte mi lamento di questa condizione ma, sotto sotto, ritengo che rappresenti la mia forza, il mio costante appello all’arricchimento e alla ricerca.
Ovviamente il mio curriculum fa a pugni con quello di Zelig…
Agata e Marco, i due protagonisti del tuo libro cercano di vivere un’esistenza perfetta e nell’attesa rimandano all’infinito l’incontro con la “vita vera”, hanno 30 anni, hanno talento ma si sono persi, non sanno più dove sono e soprattutto dove vogliono essere, sono figli di una generazione che si può definire precaria, non strettamente in senso lavorativo ma anche e soprattutto emozionale, tu hai una ricetta per capire ed essere dove vuoi essere?
Fermo restando che tra dieci anni, rileggendo la mia risposta, potrei ritenermi un’ingenua cronica, credo che – per quanto mutevole e lontano – il posto in cui vogliamo essere risieda in noi. In pratica, siamo noi a regalarci la residenza!
La ricetta del mio capire ed essere dove veramente vorrei non ha grandissimi passaggi ma richiede una importante mantecatura delle intenzioni.
Posto che sono una pessima bugiarda, ci sarà sempre una sola e unica persona a cui non potrò mai farla: quella persona sono io. E se anche dovesse succedere che la vita e le contingenze continuino a spingermi oltre il mio recinto di pace, io lotterò con tutta me stessa per sentirmi al centro del mio desiderio di espressione e felicità.
Basta poco, si tratta di un silenzioso e infaticabile lavoro di ascolto e cura delle proprie velleità più viscerali. Si è di dove si vuole essere quando ci si segue. Stando fermi o correndo, questo non è importante.
Mi hai fatto scoprire Gina Logorio, ci racconti qualcosa di lei e del suo legame con le Langhe?
Gina Lagorio adorava le Langhe: era nata a Bra e viveva felici periodi di vacanza a Cherasco dove, sin dalla sua prima infanzia, la famiglia Bernocco (Lagorio è un nom de plume) passava le vacanze nella Cascina della Monache.
Gina Lagorio ha amato ogni espressione di questa terra, dalle lunghe trame delle vigne che si perdono lungo l’orizzonte verdeggiante al vostro carattere fieramente introspettivo e pragmatico.
Era così anche lei: tenace, impegnata ma anche profondamente immersa nella terra, nelle esigenze del corpo e nella saggezza degli elementi.
La sua influenza culturale più grande, se si escludono Barrile e Sbarbaro, è tutta qui, tra le pagine di Pavese e, soprattutto, tra quelle del suo amato Fenoglio.
Io ti consiglio un libro meraviglioso: Tra le mura stellate. Non ho mai letto tanto amore per un territorio che diventa specchio dell’anima, approdo per ogni giorno di pace e di ricordo. Un pulsante capolavoro di ricordi sui dintorni di Cherasco che non devi perdere!
Che sapore aveva il tuo libro mentre prendeva forma?
Il mio libro non aveva un sapore ma un ritmo. Non parlo del ritmo della scrittura, ma del ritmo vitale che riusciva a infondere alle mie povere membra. Era qualcosa di molto simile al godimento per un pezzo di torta buonissimo o alla porta in faccia – con tanto di stelline per aria – che ti prendi quando t’innamori all’istante di una persona.
Non c’è stato solo questo, però. Ci sono state notti insonni, senso di spossatezza, un’inguaribile convinzione di non essere in grado di tradurre tutto, di non sapermi confrontare con l’ipotesi di vita vera che volevo raccontare.
Scrivere è fatica fisica, è una salita in bicicletta che potrebbe non condurti mai al traguardo. Alcuni ritengono che sia davvero un gioco al massacro: tutta queste vite verso cui si ha una responsabilità, il senso di cambiamento che ogni autore vive mentre la sua opera è ancora in corso, il bisogno di una perfezione impossibile. Però – c’è un però – arriva un giorno come tanti, un nuovo giorno di salita in bicicletta. Il traguardo è incerto e hai tutti gli elementi per capire che non sarà affatto facile. Ma basta una svolta, una sola e significativa svolta, per ritrovare velocità, leggerezza e un rincuorante vento tra i capelli.
Per quel momento, solo per lui, firmi la tua dolce condanna e acconsenti che ogni prossima e sicura fatica venga a rovinarti giorni e giorni di tentativi malriusciti. Insomma, questo è quello che provo io, dalla microscopica mattonella di esperienza che mi sono fatta.
Vorrei poi inserire una ricetta dedicata al tuo post… hai un piatto preferito, un piatto che ti ricorda il libro mentre lo scrivevi?
C’è una parte, verso la fine del libro, in cui Agata, Marco, Agnese e Cesare vanno in gita. Me li sono sempre immaginati incastonati tra i tavolini in plastica di un piccolo ristorante sul mare ligure… niente che faccia gridare al miracolo culinario. Sono andati a cercare la pace che non hanno e il mare restituisce loro solo onde e vento. La copertura in pvc che li divide dall’orizzonte impazzito continua a muoversi scomposta e la voglia di trovarsi in un’altra dimensione inizia a pulsare sulle tempie di Agata.
Agnese mangia delle lasagne.
Lasagne al ragù in un posto di mare. Nulla di strano: è una ragazza semplice, dai bisogni essenziali e grassi. Finito il pasto, della pietanza rimane una confusa poltiglia di besciamella e ragù. Cesare la guarda e pensa che l’amore sia come una meravigliosa terrina di lasagne: destinata a diventare presto poltiglia.
Si tratta di un pensiero autodistruttivo con cui, tempo fa, la figlia di quattro anni di una mia cara amica lasciò di stucco un intero tavolo di adulti, persi nell’estasi mangereccia.
Volevo inserire questo concetto e farlo dire al più giovane di tutti i personaggi, per ridere di lui e per instillare il sospetto che molti dei crucci degli adulti siano un’occasione estetizzante di dare colore alla vita e, forse, di distaccarsene un po’. Se solo si guardassero veramente, i nostri Agata e Marco… dici che riuscirebbero a essere dannatamente felici?
tutte le foto, ad eccezione della scatola dei biscotti e del ritratto di Gina Lagorio, appartengono al meraviglioso mondo di Zeldawasawriter, per mano occhi e cuore di Camilla.
Mi sento proprio come Agata e Marco… mi sono persa e non trovo la strada, o meglio, non so quale prendere….
questa intervista è una sferzata di speranza, chissà perché cerchiamo sempre una qulache rivelazione su noi stessi dalle parole e esperienze di altri… forse è la necessità di non sentirsi soli…
devo leggere assolutamente questo libro, dove lo trovo?
Anna poste eccezionale!!
complimenti!
con affetto
Irene
Cara irene, il libro al momento è disponibile in formato e-book e lo trovi a questo link:
http://www.amazon.it/kindle-store/dp/B00AABAI4M
Per il cartaceo Camilla sta indagando sulla soluzione migliore per la stampa.
Questo post è un regalo davvero per me, una coccola per l’anima spesso girovaga e stanca, un insegnamento alla costanza, alla forza e in assoluto alla ricerca del bello, che risiede ovunque, prima di tutto in noi stessi, in bocca al lupo per ogni cosa.
anna
Proprio il post che mi ci voleva in questa faticosa giornata!
Una storia bellissima, anzi molte bellissime storie si intrecciano in questo post, quella di Camilla, quella dei suoi personaggi, quella Gina Logorio e anche la tua! Una sferzata di energia!
anto, sai da quanto aspetto di avere camilla su cucinaprecaria e davvero l’attesa è valsa la bellezza di tutte queste belle parole condivise.
sapevo che saresti stata felice di leggerla anche nella mia casetta virtuale :-)
ti abbraccio
Il post giusto al momento giusto! Storie positive, colori, ricette e una coccola per l’anima in giornate che sembravano dover volgere al peggio, un grazie immenso ^_^
silvia, grazie a te. non esiste felicità se non è condivisa e condividerla con te aggiunge gioia alla gioia.
un abbraccio.